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La triste storia della Cambogia sotto il violento regime dei Khmer Rossi è uno dei temi più importanti del libro. Ho visitato il paese diverse volte, e scritto due articoli sui Khmer Rossi. Questo è il primo, pubblicato nel 2008.

Per loro natura, la i processi per genocidio sono procedimenti lenti. Tuttavia, quelli contro gli assassini comunisti appartenenti al partito degli Khmer Rossi, hanno sicuramente conquistato il record per la lentezza. Giusto la settimana scorsa è sopraggiunto un altro ostacolo legale, che ha rallentato le udienze non di mesi, bensì di anni.
Una commissione di giudici, alcuni stranieri, altri cambogiani, è stata ammessa in quel giovedì in cui non sono riusciti a risolvere cruciali dissensi. Le divergenze riguardano gli scopi del tribunale e il modo di integrare le leggi cambogiane ed internazionali.
Suona obsoleto. Ma ciò che accade realmente è questo: le autorità straniere credono che i giudici cambogiani non siano sufficientemente preparati e siano corrotti; i cambogiani mal sopportano gli stranieri da loro considerati arroganti e insensibili. In fondo ci sono molti sospetti che il governo cambogiano cerchi di prendere tempo.
Il triste risultato di queste continue dispute è che, dopo così tanto tempo, neanche un solo testimone è stato ascoltato. E il partito degli Khmer Rossi è caduto nel 1979. Potreste pensare che dopo un tempo così lungo il processo sia inutile oltre che impossibile, poiché le prove ormai appartengono a una storia passata e non più attuale. Non è così. In Cambogia sono ancora visibili i dolori e le pene inflitti dal movimento di Pol Pot – ‘Angkar’.
Per esempio, se visitate, come ho fatto io questo week end, il giardino delle torture degli Khmer Rossi, nei sobborghi di Phnom Penh, potete ancora vedere lo schienale di ferro del letto sul quale migliaia di persone sono state frustate, picchiate, elettrizzate e stuprate. Potete ancora vedere le macchie di sangue di alcune povere vittime schizzate sul soffitto.
Alternativamente, se parlate, sempre come ho fatto io la settimana scorsa, con la popolazione cambogiana media per la strada, presto ascolterete la più orribile litania del dolore.
Gli autisti dei tuk tuk, lo staff dell’hotel, gli impiegati delle banche, i venditori di pesce: tutti hanno la stessa straziante storia. “I Khmer Rossi hanno ucciso mia madre”; “Hanno preso mio fratello e mia sorella”; “Non ho più visto i miei figli da…”. L’universalità di questo ritornello non è una sorpresa, se si considerano le statistiche. È stato stimato che, nel loro folle progetto di una utopia agricola, gli Khmer Rossi abbiano ucciso due milioni di cambogiani – attraverso la fame, gli abusi e lo sterminio totale. Due milioni di cambogiani costituiscono circa un quarto dell’intera popolazione della nazione. L’equivalente in Gran Bretagna o in Italia avrebbe comportato la morte di quindici milioni di inglesi.
Questo è il motivo per cui il processo per genocidio è così importante e così rilevante per qualsiasi cambogiano. Questo è il motivo del perché questi ritardi sono così frustranti.
Il governo cambogiano, da parte sua, rifiuta qualsiasi critica. Chea Sim, presidente dell’attuale Partito del Popolo al governo, ha detto settimana scorsa: “Speriamo che gli enti che guardano al processo in modo sempre negativo, adottino un approccio più obiettivo”. Ha aggiunto: “Il Partito del Popolo cambogiano lotta per difendere la sua gente e ha costantemente chiesto giustizia per le vittime del genocidio del regime”.
Tutto questo sarebbe positivo, se non per il fatto che, se i processi ritardano ulteriormente, non ci sarà più nessuno da condannare. Pol Pot è morto in modo squallido ma tutto sommato tranquillo, circa dieci anni fa. Ta Mok, “Il Macellaio”, è morto l’anno scorso. Gli altri personaggi appartenenti agli Khmer Rossi sono ormai tutti tra i settanta e gli ottanta. Incredibilmente, la maggior parte di loro è in libertà, come Himmler a Goring che ancora camminavano per le strade di Monaco nel 1960.

Perché i processi sono davvero così lunghi? Alcuni sostengono che i cinesi, molto influenti in Cambogia, vogliano far dimenticare la loro connessione con Pol Pot e per questo fanno pressioni sui cambogiani affinché evitino un’udienza appropriata. Altra colpa imputata al governo cambogiano è la presenza al suo interno di “simpatizzanti” o ex dei Khmer Rossi.

Secondo alcuni l’intera nazione preferirebbe, quantomeno inconsciamente, dimenticare il passato piuttosto che riviverlo. Questo è sicuramente incomprensibile. E per di più non è una cosa positiva per la Cambogia. Non è giusto per l’umanità. E non è giusto per quelle persone il cui sangue è stato versato e che ha macchiato persino i soffitti del Tuol Sleng.